L’art. 650 c.p. ai tempi del coronavirus (COVID-19)
1. Il DCPM 8.3.2020
Mai, come in questi ultimi tempi, si è sentito parlare con tanta insistenza dell’art. 650 codice penale.
Si tratta di una norma contravvenzionale che interviene laddove si sia inosservanti ad un provvedimento legalmente dato dall’autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene.
La sanzione alternativa è l’arresto fino a tre mesi o l’ammenda fino ad € 206.
L’esempio è dato dal recente DPCM 8/3/2020, volto a contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19, dove si prevede che il mancato rispetto degli obblighi dallo stesso introdotti è punito ai sensi dell’art. 650 c.p., come previsto dall’art. 3, co. 4, DL n. 6/2020, salvo che il fatto non costituisca più grave reato (art. 4).
Detta condotta contravvenzionale può essere perseguita con un procedimento speciale previsto e disciplinato dagli artt. 459 e ss. c.p.p., denominato “procedimento per decreto”, trattandosi di un reato penale cui può essere applicata la sola pena pecuniaria “anche se inflitta in sostituzione di una pena detentiva”.
2. L’art. 650 c.p. Il decreto penale. L’opposizione
La disposizione di cui all’art. 650 c.p. introduce, dunque, una fattispecie di reato anche se punita con la sola pena pecuniaria (ammenda) e, proprio in quanto tale, il trasgressore è sottoposto ad un procedimento penale conseguente a denuncia svolta alla Procura della Repubblica competente da parte degli organi accertatori qualora questi individuino nella condotta del trasgressore una inosservanza alle disposizioni contenute nel citato decreto.
In tale contesto, una volta ricevuta la trasmissione della notizia di reato, il Pubblico Ministero può richiedere al Giudice per le Indagini Preliminari l’applicazione della pena pecuniaria, e cioè l’ammenda, attraverso l’emissione di un decreto penale di condanna che, in assenza di preventiva elezione di domicilio, verrà notificato presso la residenza del trasgressore.
Il decreto penale di condanna è un provvedimento contenente le generalità dell’imputato, l’enunciazione del fatto e delle disposizioni di legge ritenute violate, nonché una concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui è fondata la decisione, comprese le ragioni dell’eventuale diminuzione della pena al di sotto del minimo edittale, il dispositivo e l’avviso che l’imputato trasgressore può proporre opposizione entro quindici giorni dalla sua notifica.
Con lo strumento processuale dell’opposizione, svolta tramite il proprio difensore, l’ imputato può chiedere di essere giudicato secondo gli altri riti previsti dal codice di procedura penale (giudizio immediato, giudizio abbreviato o applicazione della pena su richiesta delle parti) e, qualora possibile, di essere ammesso all’oblazione.
L’art. 162 bis c.p. prevede al riguardo: “Nelle contravvenzioni per le quali la legge stabilisce la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda, il contravventore può essere ammesso a pagare, prima dell’apertura del dibattimento, ovvero prima del decreto di condanna, una somma corrispondente alla metà del massimo dell’ammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa, oltre le spese del procedimento”.
Con la domanda di oblazione il contravventore deve depositare la somma corrispondente alla metà del massimo dell’ammenda.
L’oblazione non è ammessa quando ricorrono i casi previsti dal terzo capoverso dell’articolo 99, dall’articolo 104 o dall’articolo 105, né quando permangono conseguenze dannose o pericolose del reato eliminabili da parte del contravventore.
In ogni altro caso il giudice può respingere con ordinanza la domanda di oblazione, avuto riguardo alla gravità del fatto.
La domanda può essere riproposta sino all’inizio della discussione finale del dibattimento di primo grado.
Il pagamento delle somme indicate nella prima parte del presente articolo estingue il reato” .
L’oblazione, qualora accolta dal giudice, consiste quindi, in buona sostanza, nel pagamento da parte dell’imputato di una somma di denaro nella misura fissata dal giudicante entro un determinato termine da questi previsto.
Avvenuto il pagamento il giudice può dichiarare estinto il reato.
Più precisamente il giudice, emetterà una declaratoria di non luogo a procedere per intervenuta estinzione del reato.
3. Il pagamento dell’ammenda
Evidente, dunque, la differenza tra il pagamento dell’ammenda irrogata con il decreto penale di condanna e il pagamento dell’ammenda a seguito di richiesta di oblazione.
Mentre, infatti, il decreto penale non opposto costituisce a tutti gli effetti una condanna, qualora invece si sia ammessi all’oblazione, si conseguirà l’estinzione del reato da cui deriverà la non menzione della fattispecie nel casellario giudiziale.
Da ultimo va pure precisato che la disposizione di cui all’art. 650 c.p., prevedendo una clausola di riserva o sussidiarietà nella sua formulazione, ha un’efficacia residuale, nel senso che la medesima si configura solo e soltanto laddove nelle condotte illecite accertate dall’autorità competente non siano individuabili più gravi fattispecie di reato.
Questo comporta che la condotta osservata dal trasgressore, inosservante delle norme contenute nel predetto DPCM 8.3.2020, può dar luogo alla contestazione di reati di tipologia diversa ricadenti in ipotesi delittuose ben più gravi.
Discussione