Tassa di soggiorno e affitti brevi
Fino alla conversione in legge del D.L. 50/2017 (L. 96 del 21 giugno 2017) l’imposta di soggiorno era applicabile solo nel caso di attività svolta in maniera professionale, come B&B e gestori di case vacanze.
Ora, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 50/2017, la tassa di soggiorno è stata estesa anche ai contratti di affitto breve, sia nel caso in cui si tratti di contratto con incasso diretto delle somme da parte del proprietario sia in caso di passaggio tramite intermediari.
Colui che incassa il canone è responsabile anche del versamento dell’imposta di soggiorno nonché degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale.
L’imposta non ha una cifra univoca stabilita per legge, ma viene deliberata dal Comune ove insiste l’immobile.
Chi ha affittato l’immobile tramite la formula dell’affitto breve è quindi tenuto ad informarsi presso l’amministrazione della città, rimanendo costantemente aggiornato sulla entità della tassa di soggiorno.
A seconda delle modalità previste per il calcolo e della relativa riscossione, il gestore può decidere se provvedere autonomamente, tenendone conto nella determinazione del canone o se farsi pagare la tassa direttamente dall’ospite all’arrivo o, ancora, preventivamente tramite l’intermediario.
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