Cos’è l’abbandono del comando




Come prevede il codice penale militare, l’abbandono del comando rientra fra le violazioni dei doveri generali inerenti al comando, obblighi che sono strettamente legati alle responsabilità del comandante al quale l’unità è affidata, tanto maggiori quanto più elevato è il rango che questi occupa nella gerarchia militare.

Ai sensi dell’art. 111 c.p.m.p. il comandante che, in circostanze di pericolo e senza giustificato motivo, abbandona il comando o lo cede, è punito con la reclusione militare fino a 10 anni.

La gravità della violazione sorge, oltre che dalle conseguenze che possono derivare dal venir meno dell’attività di direzione propria del comandante, dai riflessi negativi che essa può avere sul comportamento dei subordinati quando la situazione di pericolo (ad es. nei casi di incendio, naufragio, o calamità pubbliche come terremoti, alluvioni ecc.) richiederebbe la massima efficienza dell’unità.

La nozione di abbandono non implica necessariamente l’allontanamento fisico, dal momento che il reato può essere ugualmente compiuto dal comandante che, pur senza allontanarsi dalla sede di comando, si astenga dall’esercitare le proprie funzioni (le quali potranno invece essere regolarmente svolte dal comandante anche non presente fisicamente in sede).




Alla stessa specie di reato soggiace la cessione di comando, che la legge considera alla stregua dell’abbandono, anche se, obiettivamente, si deve rilevare la diversità di comportamento tra chi abbandona il comando senza giustificato motivo, e il comandante che, invece, si preoccupa di assicurare la continuità di direzione.

Il codice militare di guerra prevede il reato di abbandono del comando, senza giustificato motivo, anche qualora non sussistano circostanze di pericolo.

Se il fatto avviene durante il combattimento o in presenza del nemico, ovvero in circostanze tali da compromettere la sicurezza di forze militari, era prevista la condanna a morte mediante fucilazione al petto, sostituita dalla legge 13 ottobre 1994, n. 589 con la pena dell’ergastolo; se la violazione viene commessa in altre circostanze di pericolo è prevista una pena non inferiore a 15 anni di reclusione militare. Viene applicata una pena detentiva fino a 2 anni se il fatto è commesso al di fuori delle circostanze indicate.

Sia in pace, sia in guerra, la condanna per questo reato comporta la rimozione dal comando.


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