Cos’è l’abuso dei mezzi di correzione e di disciplina



Si tratta del delitto previsto dall’art. 571 c.p.  commesso da chi, essendo in possesso di poteri disciplinari o correttivi nei confronti di altre persone, faccia un uso eccessivo dei mezzi a lui concessi, allorquando dal fatto derivi per la persona affidatagli il pericolo di una malattia del corpo o della mente, oppure una lesione personale o la morte.

La norma richiede l’esistenza di un potere disciplinare del soggetto attivo nei confronti di quello passivo; pertanto il fatto può essere commesso solamente nei confronti di persone sottoposte all’autorità dell’agente, o a lui affidate per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l’esercizio di una professione o di un’arte.

Rientrano in tale nozione i figli (legittimi, illegittimi, adottivi) soggetti a potestà dei genitori, le persone sottoposte a tutela, i discepoli, i giovani affidati per ragioni di istruzione, i ricoverati (ospedali, ospizi, ecc.), i garzoni, gli apprendisti e in generale tutti i soggetti sottoposti a una qualunque autorità pubblica o privata che conferisca poteri disciplinari (operai, commessi,  ecc.).



Non si raffigurano estremi di reato in mancanza del predetto rapporto tra agente e vittima: il colpevole sarà imputabile, a seconda delle circostanze, di altri reati contro la persona (es. percosse, lesioni personali, omicidio ecc.).

Perché si possa parlare di abuso dei mezzi correttivi e disciplinari è necessario inoltre che tali mezzi siano leciti, non essendo concepibile l’abuso di mezzi di cui non è concesso l’uso.

Sono da ritenere illegittimi tutti i mezzi che presuppongono l’uso della forza o della violenza, a esclusione dell’ambito familiare, nel quale per ciò che riguarda i rapporti tra genitori e figli è tollerato un seppur modico ricorso alla forza.



Sempre con riferimento all’ambito familiare, l’ordinamento non riconosce alcun potere disciplinare o correttivo nei rapporti tra coniugi dove potranno invece ravvisarsi gli estremi  del reato di maltrattamenti in famiglia.

Incorre invece nel reato colui che eccede nell’uso di un mezzo legittimo di correzione.

Dall’abuso deve conseguire il pericolo di una malattia del corpo o della mente, quindi la probabilità che tale malattia si verifichi.

Se ciò non accade il fatto non è punibile.

La pena prevista per questo reato, punibile d’ufficio, è la reclusione fino a 6 mesi; se dal fatto deriva una lesione personale si applicano le pene previste per quest’ultimo reato ridotte a un terzo; se ne deriva morte la pena è la reclusione da 3 a 8 anni.



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