Quando l’altro nega il divorzio




Quando la richiesta di divorzio rimane sospesa in attesa di una risposta che non arriverà mai, o quando la risposta è un diniego assoluto e ingiustificato, è opportuno farsi qualche doverosa domanda e  rivolgersi ad un legale per capire le motivazioni che portano il coniuge separato a opporsi con veemenza a tale richiesta.

Inutile pensare o farsi convincere che l’allungamento, oltre certi limiti, dei tempi per aderire al richiesto divorzio sia da ricondurre ad un ripensamento o all’oblio autoindotto volto a relegare tale estrema soluzione nell’aurea nebulosa della malinconia amorosa.

Niente di tutto questo, o almeno non sempre è così.

E’ infatti ormai noto che quando si affronta o si decide di percorrere la via della separazione personale prima, e del divorzio poi, vi è la tendenza di prendere le dovute informazioni sulle conseguenze che derivano a seguito di tale scelta.

E non per nulla in più occasioni ci si trova di fronte clienti che, sapientemente informati di tutto ciò che deriva a seguito del divorzio, cercano in modo piuttosto evidente di soppesare le modalità e i tempi di conduzione della trattativa con il coniuge desideroso di sveltire la pratica divorzile.

Eh sì, perché molte volte quando si vede la bramosia dell’altro, sempre più insistente nella richiesta del divorzio, nasce una smania maniacale sapientemente gestita fatta di richieste più o meno giustificate e di rallentamenti sapientemente imposti.

Forse molti non sanno che il riconoscimento di un seppur misero assegno di divorzio può aprire al beneficiario importanti possibilità sulla gestione futura delle risorse del coniuge.

Infatti l’assegno divorzile,  anche se di importo irrisorio, riconosciuto dopo estenuanti trattative al solo fine di approdare nel più breve tempo possibile in Tribunale per sentire pronunciare la sentenza che definitivamente cancellerà il vincolo coniugale, fa sorgere in capo all’obbligato non solo  un impegno oneroso, sia dal punto di vista economico che temporale, ma anche possibili conseguenze sul suo futuro TFR.

Per chiarire meglio occorre fare riferimento a quanto stabilito dall’art. 12 bis l.d. 




La norma in questione prevede per il coniuge divorziato il diritto ad ottenere una percentuale pari al 40% del TFRpercepito dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, purchè lo stesso sia titolare di assegno di divorzio e non sia passato a nuove nozze.

Però attenzione.

Il diritto sorge solamente se il TFR giunga a maturazione al momento della proposizione della domanda introduttiva del giudizio di divorzio o successivamente ad essa, ma mai se l’indennità sia maturata in epoca precedente, in pendenza del procedimento di separazione.

Non solo.

Il percepimento dell’assegno divorzile apre altre strade favorevoli al beneficiario, riconoscendogli la possibilità di ottenere l’assegno di reversibilità in caso di morte dell’ex coniuge.

A tale riguardo, infatti, se colui che muore non lascia un coniuge superstite la pensione di reversibilità spetta all’ex coniuge solo se questi percepiva un assegno divorzile, mentre in caso di coniuge superstite l’ex parteciperà ad una quota sulla pensione.


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