Cos’è una “Class Action”
La class action (o “azione di classe”) rappresenta un particolare procedimento previsto dal Codice del Consumo.
Attraverso essa quando un consumatore o utente ha già avviato una causa di risarcimento danni contro un terzo (ad es. produttore di beni o fornitore di servizi) coloro (consumatori o utenti) che si trovano in una situazione identica o similare hanno la possibilità di aderire all’azione legale già iniziata.
L’azione può essere avviata in via autonoma (quindi attraverso un proprio avvocato) oppure tramite un’associazione o un comitato.
Intrapresa l’azione coloro che si trovano nella medesima situazione (e quindi gli altri consumatori e utenti) possono partecipare all’azione aderendo alla medesima in modo tale che gli effetti della pronuncia (sentenza) siano anche a loro estendibili.
Come dispone l’art. 140 bis del Codice del Consumo i consumatori e utenti interessati possono aderire all’azione di classe, senza ministero di difensore anche tramite posta elettronica certificata e fax.
L’adesione comporta rinuncia a ogni azione restitutoria o risarcitoria individuale fondata sul medesimo titolo.
L’atto di adesione, deve contenere, oltre all’elezione di domicilio, l’indicazione degli elementi costitutivi del diritto fatto valere con la relativa documentazione probatoria e va depositato in cancelleria nel termine previsto dal comma 9 b dell’art. 140 bis.
Per definizione l’azione di classe ha per oggetto l’accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni in favore degli utenti consumatori.
L’azione pertanto tutela:
- a) i diritti contrattuali di una pluralità di consumatori e utenti che versano nei confronti di una stessa impresa in situazione omogenea, inclusi i diritti relativi a contratti stipulati ai sensi degli articoli 1341 e 1342 del codice civile;
- b) i diritti omogenei spettanti ai consumatori finali di un determinato prodotto o servizio nei confronti del relativo produttore, anche a prescindere da un diretto rapporto contrattuale;
- c) i diritti omogenei al ristoro del pregiudizio derivante agli stessi consumatori e utenti da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali.
Gli effetti sulla prescrizione ai sensi degli articoli 2943 e 2945 del codice civile decorrono dalla notificazione della domanda e, per coloro che hanno aderito successivamente, dal deposito dell’atto di adesione.
La domanda è proposta al tribunale ordinario avente sede nel capoluogo della regione in cui ha sede l’impresa, ma per la Valle d’Aosta è competente il tribunale di Torino, per il Trentino-Alto Adige e il Friuli-Venezia Giulia è competente il tribunale di Venezia, per le Marche, l’Umbria, l’Abruzzo e il Molise è competente il tribunale di Roma e per la Basilicata e la Calabria è competente il tribunale di Napoli.
Il tribunale tratta la causa in composizione collegiale.
La domanda si propone con atto di citazione notificato anche all’ufficio del pubblico ministero presso il tribunale adìto, il quale può intervenire limitatamente al giudizio di ammissibilità.
All’esito della prima udienza il tribunale decide con ordinanza sull’ammissibilità della domanda, ma può sospendere il giudizio quando sui fatti rilevanti ai fini del decidere è in corso un’istruttoria davanti a un’autorità indipendente ovvero un giudizio davanti al giudice amministrativo.
La domanda è dichiarata inammissibile quando è manifestamente infondata, quando sussiste un conflitto di interessi ovvero quando il giudice non ravvisa l’omogeneità dei diritti individuali tutelabili ai sensi del comma 2, nonché quando il proponente non appare in grado di curare adeguatamente l’interesse della classe.
L’ordinanza che decide sulla ammissibilità è reclamabile davanti alla corte d’appello nel termine perentorio di trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione se anteriore.
Sul reclamo la corte d’appello decide con ordinanza in camera di consiglio non oltre quaranta giorni dal deposito del ricorso. Il reclamo dell’ordinanza ammissiva non sospende il procedimento davanti al tribunale.
Con l’ordinanza di inammissibilità, il giudice regola le spese, anche ai sensi dell’articolo 96 del codice di procedura civile, e ordina la più opportuna pubblicità a cura e spese del soccombente.
Con l’ordinanza con cui ammette l’azione il tribunale fissa termini e modalità della più opportuna pubblicità, ai fini della tempestiva adesione degli appartenenti alla classe.
L’esecuzione della pubblicità è condizione di procedibilità della domanda.
Con la stessa ordinanza il tribunale:
- a) definisce i caratteri dei diritti individuali oggetto del giudizio, specificando i criteri in base ai quali i soggetti che chiedono di aderire sono inclusi nella classe o devono ritenersi esclusi dall’azione;
- b) fissa un termine perentorio, non superiore a centoventi giorni dalla scadenza di quello per l’esecuzione della pubblicità, entro il quale gli atti di adesione, anche a mezzo dell’attore, sono depositati in cancelleria. Copia dell’ordinanza è trasmessa, a cura della cancelleria, al Ministero dello sviluppo economico che ne cura ulteriori forme di pubblicità, anche mediante la pubblicazione sul relativo sito internet.
Con l’ordinanza con cui ammette l’azione il tribunale determina altresì il corso della procedura assicurando, nel rispetto del contraddittorio, l’equa, efficace e sollecita gestione del processo.
Con la stessa o con successiva ordinanza, modificabile o revocabile in ogni tempo, il tribunale prescrive le misure atte a evitare indebite ripetizioni o complicazioni nella presentazione di prove o argomenti; onera le parti della pubblicità ritenuta necessaria a tutela degli aderenti; regola nel modo che ritiene più opportuno l’istruzione probatoria e disciplina ogni altra questione di rito, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio.
Se accoglie la domanda, il tribunale pronuncia sentenza di condanna con cui liquida, ai sensi dell’articolo 1226 del codice civile, le somme definitive dovute a coloro che hanno aderito all’azione o stabilisce il criterio omogeneo di calcolo per la liquidazione di dette somme.
In questo ultimo caso il giudice assegna alle parti un termine, non superiore a novanta giorni, per addivenire ad un accordo sulla liquidazione del danno.
Il processo verbale dell’accordo, sottoscritto dalle parti e dal giudice, costituisce titolo esecutivo.
Scaduto il termine senza che l’accordo sia stato raggiunto, il giudice, su istanza di almeno una delle parti, liquida le somme dovute ai singoli aderenti. In caso di accoglimento di un’azione di classe proposta nei confronti di gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, il tribunale tiene conto di quanto riconosciuto in favore degli utenti e dei consumatori danneggiati nelle relative carte dei servizi eventualmente emanate.
La sentenza diviene esecutiva decorsi centottanta giorni dalla pubblicazione.
I pagamenti delle somme dovute effettuati durante tale periodo sono esenti da ogni diritto e incremento, anche per gli accessori di legge maturati dopo la pubblicazione della sentenza.
La sentenza che definisce il giudizio fà stato anche nei confronti degli aderenti.
E’ fatta salva l’azione individuale dei soggetti che non aderiscono all’azione collettiva.
Non sono proponibili ulteriori azioni di classe per i medesimi fatti e nei confronti della stessa impresa dopo la scadenza del termine per l’adesione assegnato dal giudice.
Le domande proposte entro detto termine sono riunite d’ufficio se pendenti davanti allo stesso tribunale; altrimenti il giudice successivamente adìto ordina la cancellazione della causa dal ruolo, assegnando un termine perentorio non superiore a sessanta giorni per la riassunzione davanti al primo giudice.
Le rinunce e le transazioni intervenute tra le parti non pregiudicano i diritti degli aderenti che non vi hanno espressamente consentito.
Gli stessi diritti sono fatti salvi anche nei casi di estinzione del giudizio o di chiusura anticipata del processo.
Discussione