admin luglio 23, 2018 Blog No Comments
Come intraprendere una separazione tra coniugi
Finchè separazione non vi separi!
Questo potrebbe essere il motto che contraddistingue il matrimonio.
Già, perché contrariamente al noto “finchè morte non vi separi”, le cause più probabili e ricorrenti della fine di un matrimonio non sono da ricercare nella morte di uno dei due coniugi bensì nella volontà di uno o di entrambi.
Nell’ordinamento italiano la cessazione del matrimonio (divorzio) è inevitabilmente preceduta da una fase, chiamiamo intermedia, denominata separazione.
Dopodichè, decorsi ora 6 mesi (inizialmente erano 3 anni), ciascuno dei coniugi o entrambi di comune accordo, possono chiedere il divorzio, che comporta la vera e propria cessazione del matrimonio.
Ma in cosa consiste propriamente la separazione.
Dall’atto di matrimonio derivano in capo ai singoli coniugi precisi obblighi, previsti dall’art. 143 cod.civ.
In particolare l’obbligo di:
- fedeltà
- assistenza morale e materiale
- collaborazione nell’interesse della famiglia
- coabitazione.
La separazione comporta il venir meno di tali obblighi.
Concretamente ciascuno dei coniugi può quindi scegliere un altro domicilio, intraprendere una nuova relazione, non collaborare sotto ogni profilo con il coniuge (tranne l’ipotesi in cui vi siano figli), ecc.
Originariamente le soluzioni di separazione previste dall’ordinamento si concentravano in due tipologie:
- separazione giudiziale (con addebito o senza addebito)
- separazione consensuale
Entrambe si svolgevano avanti al Tribunale competente ad iniziativa di uno dei coniugi (separazione giudiziale) o ad iniziativa di entrambi (separazione consensuale).
Ed entrambe si concludevano con un provvedimento di natura giudiziale.
Ora, per effetto decreto-legge sul riordino della giustizia civile (D.L. 12 settembre 2014, n. 132) è stata introdotta la riduzione a provvedimento amministrativo di alcune cause di separazione e di divorzio al fine di alleggerire il carico di lavoro dei tribunali, sperando in tal modo di accorciare i tempi ora necessari per la definizione dei procedimenti giudiziari.
In determinati casi si potrà così, in alternativa al giudice, rivolgersi ad un avvocato oppure all’ufficiale dello Stato Civile per porre fine al vincolo matrimoniale.
Ma andiamo per ordine.
Quanto alla separazione giudiziale questa trae origine, come detto, dall’iniziativa di uno dei coniugi il quale, tramite un avvocato (obbligatorio) ricorre al tribunale chiedendo la separazione.
Le cause di separazione possono essere le più variegate.
Anche una semplice intolleranza della convivenza può rappresentare un valido motivo di separazione.
Ma esistono anche cause di ben diversa natura che traggono origine da precisi, diciamo, pretesi inadempimenti dell’altro coniuge ai doveri scaturenti dal citato art. 143 cod.civ.
Le più frequenti sono quelle scaturenti dall’infedeltà (e a questo riguardo esiste una nutrita giurisprudenza che scandaglia le varie ipotesi) come anche quelle derivanti dalla pretesa violazione dei restanti obblighi previsti dal predetto art. 143 cod.civ.
Punto finale di tale percorso è l’ottenimento di una sentenza di separazione con addebito (per leggere il mio post sulla separazione con addebito clicca qui) dalla quale conseguirà come effetto primario, in caso di accoglimento della domanda da parte del tribunale adito, il venir meno per il coniuge diciamo colpevole del diritto all’assegno di mantenimento pur mantenendo però il diritto agli alimenti.
L'assegno "alimentare" dovrà comunque essere versato a prescindere dalla responsabilità in ordine alla separazione, stante la differente funzione degli "alimenti" rispetto a quella dell'assegno di "mantenimento"
Merita infatti di essere osservato che, mentre l'assegno di mantenimento persegue lo scopo di garantire, al coniuge che ne beneficia, il godimento e la conservazione delle medesime condizioni economiche esistenti durante il corso del matrimonio, l'assegno alimentare viene riconosciuto invece al fine di consentire al coniuge economicamente più debole i mezzi necessari e sufficienti per far fronte alle esigenze economiche legate al soddisfacimento dei propri bisogni primari.
Importanti sono poi gli effetti della pronuncia di addebito della separazione in ambito successorio.
Il coniuge separato con addebito perde infatti i diritti di successione inerenti allo stato coniugale.
Egli conserva soltanto il diritto ad un assegno vitalizio qualora, all'apertura della successione dell'altro coniuge, egli già godeva dell'assegno alimentare a carico di quest'ultimo.
Tale vitalizio di cui gode il coniuge superstite con addebito ha chiaramente natura assistenziale e successoria.
Il suo ammontare non potrà eccedere l'importo dell'assegno alimentare percepito prima della morte del coniuge alimentante.
Ulteriori conseguenze dell'addebito della separazione le si rinvengono sotto il profilo delle prestazioni previdenziali riconosciute al coniuge defunto, come ad esempio il diritto alla pensione di reversibilità ed altre indennità previste dalla legge.
Se al coniuge separato "senza addebito" spetterà certamente il diritto a tali prestazioni previdenziali, invece il coniuge separato "con addebito" conserverà ugualmente il diritto a percepire dette corresponsioni soltanto sul presupposto dell'effettivo godimento, in vita dell'altro coniuge, dell'assegno alimentare.
Da ultimo va precisata l’ininfluenza dell’addebito o meno sotto il diverso profilo dell’adozione di provvedimenti da parte dell'autorità giudiziaria sull' affidamento dei figli.
Il loro interesse morale e materiale è infatti del tutto scollegato dall'accertamento sulla responsabilità in ordine alla separazione e alla consequenziale declaratoria di addebito.
Quanto alla separazione consensuale il percorso si presenta molto più easy.
Questa si fonda su un accordo di separazione previamente raggiunto dai coniugi e che viene confermato avanti al Presidente del Tribunale nel corso dell’udienza di comparizione all’esito dell’insuccesso del tentativo di conciliazione.
In tale occasione l’accordo sarà omologato se rispettoso dei diritti di ciascun coniuge e della eventuale prole.
Quanto infine alla separazione consensuale avanti all’ufficiale di stato civile questa è consentita solo in presenza di determinate condizioni:
– la coppia non deve avere avuto figli dall’unione i quali siano ancora minorenni, maggiorenni non autosufficienti, portatori di handicap o incapaci. Non vengono considerati i figli nati da eventuali precedenti relazioni: per cui la loro presenza non è ostativa alla separazione in Comune. È possibile la separazione o il divorzio in Comune se la prole ormai lavori e sia indipendente da un punto di vista economico;
– la coppia deve avere trovato un accordo su tutti gli aspetti della separazione, sia per quanto riguarda le questioni più marcatamente personali che patrimoniali. In buona sostanza, la separazione o il divorzio in Comune sostituiscono la cosiddetta separazione / divorzio consensuale che prima si faceva, in un’unica udienza, davanti al Presidente del Tribunale;
– l’accordo non può disciplinare trasferimenti patrimoniali tra i coniugi come, ad esempio, l’assegnazione della casa, arredi e altri mobili presenti nell’abitazione, l’autovettura, conti correnti bancari, titoli, depositi, libretti di risparmio, ecc. Detto altrimenti questo significa che marito e moglie non potranno stabilire, nell’atto firmato in Comune, la divisione di beni (ad esempio la camera da letto, la televisione, l’auto ecc. Potranno farlo con una separata scrittura privata oppure ricorrendo alla negoziazione assistita degli avvocati, che è un ulteriore mezzo per separarsi o divorziare.
L’accordo può contenere anche patti aventi ad oggetto l’assegno di mantenimento e l’assegno divorzile.
I coniugi possono recarsi sia presso il Comune ove hanno contratto matrimonio che presso il Comune di residenza di uno dei due coniugi o di entrambi. In particolare bisognerà presentarsi all’Ufficio di stato civile.
La procedura vera e propria viene si svolge in due incontri:
– al primo incontro il Sindaco o l’ufficiale di stato civile redige l’accordo di separazione che i coniugi gli dichiarano di avere raggiunto. Dopo aver compilato l’accordo, il pubblico ufficiale dà ai coniugi appuntamento per un secondo incontro che non può essere prima di 30 giorni;
– al secondo incontro, viene richiesto ai coniugi di confermare l’intenzione di separarsi o di divorziare. Il motivo di questo lasso di tempo è volto a consentire loro una pausa di riflessione sulla scelta in atto.
Se al secondo appuntamento si presentano entrambi i coniugi l’accordo di separazione è valido ed ha la stessa efficacia della sentenza di separazione omologata dal tribunale. Se, invece, al secondo appuntamento non si presenta uno o entrambi i coniugi, l’accordo di separazione non è valido e decade anche se poi i coniugi potranno tuttavia presentarsi in qualsiasi successivo momento per avviare, di nuovo, l’intera procedura.
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