Cos’è un contratto di mantenimento
Si sente molto spesso parlare di mantenimento.
Istituto, questo, generalmente ricollegato alla separazione dei coniugi o al divorzio (c.d. assegno di mantenimento).
Ma il mantenimento può anche costituire oggetto di un preciso contratto tra le parti che impone determinati obblighi in capo a ciascuna di esse.
Praticamente con il contratto di mantenimento una parte trasferisce all’altra un bene immobile, mobile o una somma di denaro verso l’assunzione da parte di quest’ultima dell’obbligo di provvedere al mantenimento del disponente.
In mancanza di precise norme al riguardo l’ammontare dell’obbligazione di mantenimento viene lasciata alla libera volontà delle parti, ma comunque non può prescindere dal tenore di vita del beneficiario (e quindi di chi trasferisce i propri beni).
Si tratta di un contratto atipico e quindi non espressamente disciplinato dal nostro ordinamento, che trova il proprio fondamento nel soddisfacimento di esigenze di assistenza personale che si protraggono nel futuro e che possono mutare per modalità e caratteristiche.
Stante l’assenza di una precisa disciplina normativa il contratto di riferimento è quello della rendita vitalizia, espressamente disciplinato dal nostro ordinamento.
Sicuramente l’alea e cioè l’incertezza circa l’ammontare della prestazione a carico dell’obbligato a favore del beneficiario rappresenta il punto centrale di tale contratto.
Chi riceve i beni non può infatti sapere con precisione quale sarà l’entità della sua prestazione, essendo questa commisurata alla vita del beneficiario.
E questo rischio rappresenta un elemento determinante (essenziale) del contratto la cui mancanza ne determina la nullità.
Buona norma, anche al fine di determinare l’esatta entità delle prestazioni assistenziali e quindi degli obblighi in capo all’obbligato, è individuarne esattamente i loro contorni.
Ciò al fine evidente di contestazioni in ordine ad eventuali ipotesi di inadempimento da parte dell’obbligato.
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